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domenica 10 aprile 2011

Seconda puntata

Ciao a tutti,
ho visto che qualcuno ha mostrato interesse quindi oggi proseguo il pistolotto.

Vi allego un messaggio di Angelo, uno dei tanti che si sta ritrovando questo sano e proficuo spam nella casella di posta elettronica :-)

Ho letto la tua e-mail circa le considerazioni sull'incidente nucleare in Giappone dell'11 marzo.
Approfitto delle tue conoscenze per avere una risposta competente a domande nate in seguito all'evento suddetto.
Non ho conoscenze precise su tutto il sistema nucleare per la produzione di energia elettrica: ho capito, sommariamente, che il calore generato da una reazione nucleare porta dell'acqua allo stato di vapore e la pressione di questo vapore fa girare delle turbine che mettono in movimento dei generatori alternatori. Poi mi sembra che questo vapore, condensandosi, ridiventa acqua per essere di nuovo riscaldata e ridiventare vapore. Tutto questo per sommi capi.
Ho sempre considerato "l'energia nucleare" una inevitabile e conveniente alternativa al "petrolio" che già da più di quarant'anni preannunciano come prossimo all'esaurimento delle scorte.
Quello che mai avevo capito con attenzione, anche per superficialità mia nell'apprendere, ma anche, forse, per pilotata informazione, la produzione di inevitabili scorie e impossibile smaltimento in sicurezza delle stesse.
La prima domanda è questa:
- come mai le varie nazioni con i loro tecnici ed i loro politici, negli anni hanno deciso di ricorrere al sistema nucleare per produrre energia, nonostante la pericolosità e la incontrollabilità dello stesso;
- quanto tempo occorre (e se è fattibile) per fermare in sicurezza una centrale termonucleare;


Premettendo che non ho mai studiato accademicamente la materia, quel poco che so l'ho imparato leggendo qui e là, attratto da un fascino oscuro che l'atomo ha sempre suscitato in me. Quindi guai a prendere per oro colato quello che scrivo, se siete curiosi cercate di verificare le informazioni che do e se non vi dovessero tornare vi prego di farmelo sapere.

Detto ciò, provo a rispondere alle domande di Angelo. Ecco la prima risposta.

Attualmente nel mondo ci sono circa 440 reattori in funzione. Nel 1970 ce n'erano circa 100, nel 1986 ce n'erano circa 400. Che vuol dire? Significa che a partire da Cernobyl (e dall'inizio della fine della guerra fredda), il numero di nuovi reattori installati è stato di poco superiore al numero di reattori che sono stati spenti. Quindi, fino al 1986 nel mondo il numero di reattori è cresciuto rapidamente, poi con l'incidente di Three Miles Island prima ('79) e con quello di Cernobyl dopo ('86 appunto), ci si è resi conto che probabilmente dovevano essere rivisti i criteri di progettazione delle centrali aumentandone, per quanto possibile, la loro sicurezza. Aumentare la sicurezza significa incrementare i costi dell'impianto e della sua manutenzione che deve essere precisa, frequente ed accurata. Ne consegue che oggi è molto più complesso e costoso installare un nuovo reattore nucleare di quanto non lo fosse 30-40 anni fa.
Solo in questi ultimi anni c'è stata una sorta di rinascita del nucleare, foraggiata dalla campagna mondiale per la corsa alla riduzione delle emissioni di gas serra (sacrosanta) e dalla necessità dei paesi grandi produttori di energia nucleare in patria, di dover provvedere al rinnovo dei loro impianti. Già, perché i numeri che ho appena indicato se ci riflettete un attimo mostrano che l'età media dei reattori è ormai piuttosto alta. E per sostituire le decine di reattori ormai vecchiotti di Francia, Giappone, Stati Uniti, Germania, UK, etc, servono una grande quantità di quattrini, investimenti che hanno senso solo se l'industria nazionale di questi paesi può beneficiare dell'esportazione della sua tecnologia e del suo know-how.

A parte il Giappone, i principali paesi che attualmente fanno uso di energia nucleare sono gli stessi paesi che hanno puntato, soprattutto nel periodo della guerra fredda (ma anche dopo), a dotarsi di un deterrente nucleare. Per costruire armamenti nucleari si devono avere a disposizione dei materiali fissili (ovvero adatti a generare una reazione a catena di fissione nucleare) di ottimo grado e in discrete quantità. In particolare i materiali sono due.
L'uranio 235 (il numero indica il peso atomico) è presente in natura ma in percentuali molto basse (lo 0,7% dell'uranio naturale è di tipo 235, il restante è per lo più uranio 238 che non è fissile). Per l'alimentazione di un reattore classico serve uranio arricchito al 3-4%, per una bomba la percentuale passa al 70-90%. Per "arricchire" la quantità di uranio 235 in quello naturale servono installazioni molto costose e complesse, ad alta tecnologia e che necessitano di enormi quantitativi di energia per funzionare (a Tricastin in Francia i 2/3 della produzione di un complesso di 4 reattori da 915MWe - megawatt elettrici - servono ad alimentare l'impianto di arricchimento Eurodiff) .
Il Plutonio 239 invece è artificiale e si forma proprio nei reattori nucleari, possibilmente in quelli fatti a posta per questo (il reattore di Cernobyl, era appunto uno di questi).
Quindi, la scelta di alcuni paesi, ad esempio la Francia, di puntare fortemente sull'energia nucleare, non è tanto una scelta di convenienza economica, quanto una forma di rientro dell'investimento nella costituzione di un deterrente nucleare, in questo caso la force de frappe francese. Per gli USA, per l'UK, per la Cina e per le repubbliche dell'ex-URSS, la questione è simile.

Detto tutto ciò, per quei paesi che hanno una filiera nucleare già avviata e collaudata, incrementare la percentuale di produzione di energia elettrica dal nucleare è un intervento che richiede investimenti sostanziosi ma non folli in quanto è necessario costruire "solo" il nuovo impianto. Se il paese possiede impianti di arricchimento, impianti di riprocessamento del combustibile, infrastrutture che consentono il trasporto di materiali altamente pericolosi, operai ed ingegneri specializzati e con esperienza in materia e la capacità di formarne di nuovi, il gioco può (forse) valere la candela. O meglio, diciamo che non è un vero e proprio suicidio, almeno dal punto di vista economico.
Al contrario, mettere in piedi l'intera filiera da zero è qualcosa che, un paese come l'Italia, dubito possa permettersi. L'unica opzione è quella di affidarsi del tutto ai fornitori esteri e quindi non solo comprare la tecnologia dell'impianto ma anche comprare il combustibile nucleare già bello e pronto (e dipendere unicamente da quel fornitore), comprare il know-how sul suo maneggiamento, riconsegnare il combustibile esausto (da cui, chi ha un impianto di riprocessamento può estrarre nuovo combustibile), etc, etc.

Per quanto riguarda la seconda domanda, rispondere è molto complicato perché si tratta di argomenti tecnici molto complessi di cui io ne so ben poco. Però provo a raccontare questo poco.

Definire "spento" un reattore è già complicato. Si può dire ad esempio che esso è spento quanto la reazione a catena viene interrotta e quindi si esaurisce il processo di fissione nucleare. Lo "spegnimento" di questo tipo avviene, per i reattori più comuni nei paesi occidentali, nel giro di una manciata di secondi, quando all'interno del nocciolo vengono inserite tutte le barre di controllo che assorbono i neutroni responsabili delle fissioni nucleari (SCRAM). Esistono inoltre altri sistemi di sicurezza che iniettano sostanze all'interno del nocciolo che hanno la stessa funzione. Il boro di cui forse avete sentito parlare in questi giorni ha proprio la capacità di assorbire neutroni e quindi interrompere la fissione.

In realtà però, una volta che il processo di fissione viene interrotto, le barre di combustibile non smettono immediatamente di generare calore. Per capire il perché ed il percome però servono alcune premesse.

Il calore di cui stiamo parlando in questo caso è prodotto da un processo che si chiama decadimento e che è quel processo caratterizza i materiali radioattivi. In pratica qualsiasi materiale che sia composto da atomi il cui nucleo è instabile, emette radiazioni (alfa, beta o gamma) e conseguentemente emette calore fin quando non raggiunge una situazione stabile. La quantità di calore emesso dipende dalla quantità di radiazione emessa. Tanto più il tempo di dimezzamento è corto, tanto più è intensa la radiazione e conseguentemente il calore [se avete dubbi sui termini che sto usando dite pure, proverò a spiegarlo nelle prossime puntate].
In un reattore nucleare il combustibile fissile viene scisso in nuclei più piccoli, in pratica dall'uranio 235 o dal plutonio 239 si ottengono atomi con nuclei diversi e di massa inferiore. Questi nuclei, prodotti dalla fissione, sono molto instabili e quindi molto radioattivi e quindi molto caldi, almeno fin quando non raggiungono uno stato più stabile. Il tempo impiegato dipende dal materiale, alcuni hanno tempi di dimezzamento di qualche millisecondo, altri di qualche minuto, altri di qualche giorno, etc. Ognuno di questi, quando decade si trasforma in qualcos'altro che normalmente è ancora radioattivo ma meno di quello precedente.
E' possibile calcolare l'andamento del calore di decadimento all'interno di un reattore sulla base di una serie di informazioni iniziali che sono: il materiale combustibile iniziale, il tempo di burn-up (ovvero per quanto tempo il combustibile è stato sottoposto a fissione nel reattore acceso), la geometria del reattore, etc.
Ad ogni modo, mediamente entro 2-3 giorni, al più una settimana, supponendo che l'impianto sia in perfetta efficienza, il reattore si trova nella situazione di "cool shutdown". Questo significa che la temperatura dell'acqua di raffreddamento all'interno del nocciolo è al di sotto dei 100 gradi ed è quindi possibile procedere con l'apertura del contenitore che non è più in pressione per un eventuale sostituzione del combustibile.
Attenzione però. Il fatto che il reattore sia in cool-shutdown non significa che possa non essere refrigerato, anche se ovviamente con molta meno intensità. Infatti il calore di decadimento accompagnerà le barre per tutto il tempo in cui il materiale rimarrà radioattivo. Non a caso il problema nell'edificio 4 di Fukushima non è avvenuto nel reattore (che era spento) ma nella piscina di raffreddamento dove le barre esauste vengono appoggiate in attesa di un completo raffreddamento. Tanto per fare un esempio, in diversi impianti in UK le barre vengono mantenute in queste piscine per diverse decine di anni.
Per i reattori 2 e 3 da 780 MWe (elettrici) di fukushima è stato calcolato che un secondo dopo lo SCRAM (spegnimento del reattore tramite barre di controllo) il calore di decadimento era il 6,6% della potenza termica dell'impianto, ovvero 157MW termici. Dopo un minuto il 3,2% (76MW). Dopo un giorno il 0,73% (17MW). Dopo un mese il 0,37% (8,8MW). Dopo un anno il 0,21% (5MW).
Facciamo un paragone. Un automobile media, diesel, viaggiando a 100km/h deve dissipare circa 50KW termici per poter viaggiare senza far cuocere il motore. Quindi dopo un anno, il carico esausto di un reattore di media grandezza come quelli numero 2 e 3 di Fukushima, ha bisogno di smaltire il calore che smaltirebbero 100 radiatori di auto che viaggiano a 100 all'ora in autostrada.



Infine aggiungo una cosetta. Se avete seguito un po' la questione in questi giorni, vi ricorderete che l'edificio 4 ha avuto seri problemi con il combustibile esausto nelle piscine di contenimento. Se vi è capitato, avrete pure notato che queste benedette piscine stanno ad almeno 20 metri da terra, nella parte alta dell'edificio, affiancate al coperchio del nocciolo del reattore. Non so voi ma io mi sono chiesto che cavolo di senso ha mettere quelle piscine lassù. Allora ho cercato in giro ed ho capito. Durante la sostituzione del combustibile, l'intera area superiore dell'edificio viene allagata. Tutto quanto viene coperto d'acqua in modo che, una volta aperto il nocciolo sia possibile spostare queste barre dal reattore alla piscina lasciandole sempre a mollo. E questo primo perché diversi metri d'acqua schermano le radiazioni gamma emesse dal combustibile esausto, e secondo perché queste barre sono ancora maledettamente calde!

Vabbè, per oggi ho dato, spero di essere stato in grado di rispondere alle domande di Angelo e di aver fatto incuriosire qualcun altro.

Salumi e caci a tutti

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